LA VOCE DEL VENTO

Sulle sponde di un ruscello, dove il sole sorride alla vita,insidiato tra i lecci e le sughere,vive una tenera canna.

Affonda ai piedi di una grigia roccia e si china solo al fruscio sommesso degli alberi,smorzato dalle folte chiome; la voce del vento che viene dal mare,là oltre la scabra radura.

La piccola canna lo sente celato dentro di sè.

Il canneto non la ritiene degna di far parte del loro insieme.Esse si piegano solo al volere dei rapaci; i sovrani del ruscello,a loro cantano suoni perfetti e monotoni.

Venne al crepuscolo; in penombra,velato dal tenue colore della luna, il falco pellegrino; i suoi artigli lacerarono le pareti della giovane canna.

Il suo fremito risuonò oltre la valle e frustò il volto di un solitario viandante.

Giunse trafelato seguendo quell'intenso lamento,si sedette sulla roccia,la raccolse e la tenne tra le dita con gentilezza.

Cosparse di fango le sue ferite, il sole generoso le avrebbe asciugate.

Le lasciò un'unica cella aperta,al centro,nel cuore.

Prese dalla sacca altre due canne,le portava sempre con sè,le suonava,avevano fori che gli ricordavano i tasti del suo amato pianoforte,lasciato in terra natia.

Sfilò dalla sacca uno spago,lo cosparse di cera e legò le due canne,lasciò libera e danzante la minuta canna.

Le avvicinò alle labbra e soffiò.

Un canto melanconico invase la valle assopita,dall'infangata canna,si staccò e sbattè le ali,potente e unica,la voce vigorosa del vento.

Le fronde dei lecci ed il canneto s'inchinarono,sorrisero le perle rubino del corbezzolo e quelle nere velluto del mirto.

Oltre la macchia vestita e profumata di ginestra in festa,un grifone reale si lasciò condurre dal familiare canto e planò sulla frastagliata falesia.

Osservò il mare e la terra unite,e si quietò.

Annavita