IL VECCHIO ED IL BAMBINO (perdonami Caro Guccini)
I due camminavano affiancati lungo il selciato che li avrebbe portati a sedersi sulla solita panchina del solito parco, mano nella mano.
Gli stessi piccoli passi.
Il più grande perché non aveva più la forza per farli più grandi, il più piccolo perché aveva un immenso amore per il nonno, e non voleva aumentarne l’ampiezza per non farlo sentire più vecchio di quello che già si sentiva.
“Sediamoci qui”. Non c’era bisogno di dirlo, quello era il segnale che il nonno stava per raccontargli un altro di quei racconti che tanto gli piacevano. A lui non interessava se fossero veri o falsi, ascoltarlo era comunque magia. La voce dolce e affaticata del nonno aveva il potere di farlo adagiare su un letto caldo di piacevoli sensazioni.
“Oggi ti voglio raccontare del paese di Cartonia”
Il nipote sapeva che non avrebbe dovuto in nessun caso interrompere il fiume delle sue parole. Doveva rimanere in silenzio ad ascoltarlo, al più annuire stupefatto, in modo che il nonno facesse trasformare il fiume in un torrente, e poi il torrente in una cascata, e poi ancora in un fiume che dolcemente, alla fine del racconto, si sarebbe tuffato nel mare del piacere.
“Le vedi quelle stelle? Immagina che ad unirle ci sia una scala, tu non la vedi, però lei è lì, unisce le stelle tra di loro, e gli astri sono gli scalini. E’ la scala della musica. E’ una scala che può essere salita solo da chi ha nel cuore e nella voce la poesia. Per carità, chiunque può provare a salirla, ma solamente poche persone sono in grado di arrivare sino in cima, sino a quel puntino che vedi lassù, lontano lontano”
“E’ un puntino lontano, a occhio nudo si vede a malapena, però è il più luminoso, proprio perché se non lo fosse non potremo ammirarlo dalla nostra terra.
Per arrivare lassù servono tante cose, ognuna però si fonde con le altre in un solo modo, e in quel solo modo è capace di arrivare a toccare le nostre più sensibili corde. Se riesce a toccare le corde del cuore e dell’anima insieme, allora quello è il segnale. Chi l’ha fatto è arrivato sin lassù”
L’uomo si ferma, per trovare le parole successive di quel racconto, parole che devono stupire il nipote.
Il ragazzino aspetta, aspetta che il nonno trovi le parole successive di quel racconto, sapendo che si sta sforzando per inventarne altre che lo devono stupire. Starebbe tutta la notte, e la notte dopo ancora, ad ascoltarlo. E’ certo che la mente del nonno segua il percorso inverso di quello che segue il fisico. E’ come se andasse in senso vietato, contromano in autostrada. Una mente di ragazzino in un corpo da anziano, un contrasto dei più belli che la natura abbia creato.
“Un giorno, nel lontano 2007. Era il mese di Ottobre, ricordo bene. Un ragazzo si presentò davanti agli occhi miei. Lo vidi subito, era chiaro come il sole. Aveva il potere di toccare le corde. Toccò le mie, ma contemporaneamente anche quelle di tante altre persone. Ognuna non sapeva dell’esistenza di tutte le altre, ma nonostante questo la musica che ciascun cuore produsse si incontrò con tutte le musiche di tutti i cuori. Era il segnale, qualcuno stava per salire sulla scala, stava per raggiungere la stella luminosa. Questo qualcuno fece di più. Apri la porta della stella, ed entrò in un regno che stava lì, aspettava soltanto che qualcuno attraversasse l‘uscio per scoprirlo. Il regno si chiamò come lui. In fondo si è sempre fatto così. Chi scopre un continente, un’isola, un pianeta, una costellazione, persino un batterio, gli da il suo nome. Ti ho già raccontato qualche giorno fa del pianeta Cpuddu, quello che ho scoperto io quando venni rapito dagli extraterrestri, ricordi?”
Non devo rispondere, pensò il nipote, rischio di interrompere il fiume, si sta ingrandendo.
E così fu, il fiume in piena stava inondando i pensieri del vecchio, che ormai a stento riusciva a rincorrere le idee che nascevano, una da ogni affluente neurone, che non erano comunque tantissimi.
“Così questo nuovo regno fu chiamato Cartonia. Era meraviglioso. Era governato da una regina, una donna aristocratica, di poche parole, ma sempre sagge. Era una regina buona, democratica, che ogni tanto borbottava, ma più perché la regina doveva borbottare per legge piuttosto perché fosse burbera. Era un po’ come il nano di Biancaneve, Brontolo.
All’ingresso del regno c’erano le quattro generalesse. Accoglievano i visitatori con grande amore e simpatia. Erano però come le amazzoni, delle guerriere che accorrevano in difesa del regno in ogni momento. Erano molto diverse tra loro. La perfezione si ottiene dall’unione di cose diverse tra loro.
Aria, frizzante, maestra di parole e battute, ti accoglieva a braccia aperte. Amava fare le sorprese, me lo ricordo bene. Cocci, infaticabile, la simpatia fatta a donna. Veloce, soprattutto in retromarcia. Norlina, come si potrebbe definire, pazza del tutto, ma di quella pazzia che si adora, un cucciolo di ragazza”
Il nonno si fermò, qualcosa non tornava. Infatti il nipotino se ne accorse. Lo sguardo del vecchio approvò la sua domanda, “ma la quarta generalessa?”
Il nonno tornò ad essere un turbine, aveva anticipato nella sua testa la domanda, e la risposta era già pronta.
“La quarta. In realtà ti ho detto una piccola bugia. La regina non era proprio democratica. Si autonominò Generalessa, fu un abuso di potere, ma il prezzo da pagare in caso di ammutinamento era alto, e nessuno osò sfidarla. Dopo le generalesse c’era la Sindachessa. Ricordo che vinse un concorso e fu nominata dalla regina stessa. Tra di loro c’era un po’ di ostilità, pensa che quando la regina dovette nominarla Sindachessa, col classico rito della spada poggiata sulla testa, quasi gliela staccò. Avrebbe fatto il record di durata nella carica di Sindachessa, un centesimo di millesimo di secondo. La Sindachessa emanava gli editti. Quando si fermava a declamarli aveva il potere di incantare il popolo, ogni editto era una poesia. Il gradino sotto era occupato da un personaggio meraviglioso. Il Cavaliere di Cartonia. Anche a lui la regina stava per staccare la testa. Ma si scansò, appena in tempo. Il Cavaliere doveva far rispettare le leggi, purtroppo però non gli veniva bene, era poco serio per la carica che occupava.
Poi c’era il popolo, erano in tanti, ed erano la vera forza di Cartonia. Si muovevano all’unisono, senza bisogno di comandi. Non appena il nemico si faceva vivo, loro lo ammazzavano a furia di incursioni nei regni altrui. Che forza che erano, da tutta Italia. Quanti episodi ti potrei raccontare, inizio dal primo concerto, quello di Elmas. Allora……..che c’è?”
“Nonno, la nonna sta venendo qua, mi sembra arrabbiata”
“Anche a me carissimo”
La nonna si avvicinava, passo svelto, deciso e, soprattutto, incavolato nero!!!
“Ma insomma, ma quando te lo accendi il cellulare? Vi sto chiamando da tre ore, la cena è pronta, muovetevi!! Chissà che cavolate gli stai raccontando al ragazzino, lo vuoi lasciare in pace?”
“Nonna, non ti preoccupare, mi piace stare col nonno, mi parla di tante cose belle”
Gli occhi dei due si incontrarono per un breve istante, giusto il tempo per non farsene accorgere dalla nonna.
Quello sguardo parlava e diceva un reciproco “ti voglio bene. Riprenderemo domani”
Cpuddu